La città del Cairo attraverso il disegno di Pino Creanza e il progetto Nool: intervista con l’autore

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Una intervista a cura di Maria Laura Romani di Arabook.

La settimana scorsa vi abbiamo parlato progetto editoriale Nool che coinvolge diversi autori europei, fruibili ora in lingua araba. Per raccontarvi meglio di questi nuovi arrivi sui nostri scaffali, abbiamo deciso di partire da quella che è sicuramente una delle pubblicazioni più interessanti: “Al-Qahira, seconda Edizione, un lavoro del fumettista Pino Creanza, artista di talento conosciuto per il Prof Knox, Tom e Ponsi e Gino & Sberla.

“Cairo Blues” (così si chiama nella versione originale italiana), è una pubblicazione interessante per i temi che affronta e per lo stile, ma anche perché, come avrete intuito, ci regala la traduzione in arabo di un’opera italiana: un’esperienza letteraria rara (ma non unica), nel panorama del fumetto arabo.

L’edizione araba pubblicata da Nool vi catapulterà nel caos della capitale egiziana e ve ne parlerà unendo l’oggettività del reportage allo sguardo personale e sentito dell’artista. Chi c’è stato riconoscerà nelle brevi strisce di Pino Creanza una città tumultuosa, dove la folla prevale sull’individuo e spesso la storia ha tutt’altro che una sola versione dei fatti.

Abbiamo raggiunto “virtualmente” Pino Creanza per un’intervista, nella quale ci ha raccontato di  “Al-Qahira, seconda Edizione” e del suo rapporto con la città del Cairo:

Il fumetto “Il Cairo, seconda edizione” racconta di una società in costante movimento ed evoluzione. La sua opera viene spesso descritta come un reportage giornalistico che unisce la sua visione della città ai fatti storici che la riguardano: come è nato questo fumetto?

In maniera piuttosto casuale, direi. Tra la fine degli anni ’90 e gli inizi degli anni 2000 sono stato al Cairo per brevi ma ripetuti viaggi di lavoro, era la prima volta che visitavo una megalopoli mediorientale e l’esperienza mi ha catturato. È una città che ha un’energia straordinaria, in cui vitalità e dissoluzione sono assolutamente intrecciate, così come vecchiume e modernità, povertà e ricchezza, passato e futuro. È questa densità, soprattutto umana, che mi ha affascinato; poi certo, c’entrano anche le mie curiosità intellettuali, per l’arte, la storia, la cultura degli “altri”, e il Cairo aveva, e ha, di tutto per soddisfarle. 

Diversi anni dopo ho proposto a una nuova rivista italiana di fumetti (ANIMAls) il progetto di una serie di brevi “ritratti” a fumetti di luoghi e situazioni, dedicando la prima di queste micro storie a Istanbul. L’idea è piaciuta e ne è nata una collaborazione fissa, fino alla chiusura della rivista. Dalla mia esperienza al Cairo mi erano rimasti una collezione di fotografie ed un diario di viaggio, poi pubblicato da una piccola casa editrice pugliese con il titolo “Al Qahira”, ed è stato dunque naturale dedicarmi al racconto della capitale egiziana.

Ho iniziato a realizzare le mie storie brevi sul Cairo nel 2009, quindi ben prima della cosiddetta “rivoluzione” del 25 gennaio 2011. A mano a mano che il lavoro proseguiva, ho sentito la necessità di aggiornarmi sulla situazione sociale e politica egiziana, e più scavavo su siti e blog, più mi rendevo conto che lì stava succedendo qualcosa di veramente importante, nella quasi totale indifferenza dei media e dell’opinione pubblica occidentale. Se si è realmente interessati a capire qualcosa, oggi è molto facile reperire le informazioni giuste, basta investire tempo ed energie, proprio quello che la maggior parte di noi non ha.

Oltre ai fatti storici, ci sembra che l’architettura della città, le sue asimmetrie e i dettagli degli edifici abbiano un ruolo importante per il suo stile narrativo: è così?

Sì, senza dubbio. Il mio contatto più diretto con la città è stato visivo. D’altronde il Cairo presenta una straordinaria stratificazione di millenni di storia e di storie, le cui tracce si possono leggere nelle architetture e nell’urbanistica stessa della città, a volte solo come elementi residuali, confusi in una cacofonia di segnali e rumori che bisogna imparare a filtrare. Così, nelle mie storie, mi è piaciuto partire sempre da un luogo fisico, una piazza, un monumento, un angolo della città.

Dopo la traduzione in francese e in spagnolo, la casa editrice Nool ha pubblicato la versione araba di Cairo Blues: lei ha partecipato in qualche modo alla traduzione del fumetto o alla sua pubblicazione in arabo? Che riscontri ha avuto dal pubblico?

La gestazione dell’edizione araba è stato davvero molto lunga e per certi versi travagliata: era tutto pronto affinché uscisse prima di quelle francese e spagnola e invece è arrivata per ultima, quasi a suggellare il percorso di questo libro, con molta gioia da parte mia, devo dire, perché ci tenevo moltissimo! Il fatto è che il mondo dell’editoria a fumetti, e più in generale di tutta la stampa indipendente, vive una vita molto difficile in Egitto, a causa delle politiche repressive e liberticide del regime. Chi oggi propone un fumetto impegnato, con risvolti politici o anche solo sociali, autore o editore, rischia in prima persona, e per questo ho il massimo rispetto e ammirazione per i ragazzi di Nool e per tutti gli altri che cercano di fare del loro meglio in questa situazione.

Il mio contributo all’edizione araba di Cairo Blues è stato davvero limitato, non avendo una sufficiente conoscenza della lingua. Poi, per un motivo o per l’altro, non sono mai andato al Cairo per la presentazione del libro. L’unico confronto diretto con un pubblico di cultura araba l’ho avuto a Tunisi, ed è stato molto interessante per la presenza di giovani autori tunisini di fumetti del collettivo 619.

Qual è la sua formazione artistica?

A parte un breve corso di fumetto che ho seguito ormai tanti anni fa, sono sostanzialmente un autodidatta. La mia formazione è stata di tutt’altra natura, essendomi laureato in ingegneria, ma ho sempre coltivato un forte interesse per le immagini e le arti visive, dal fumetto all’illustrazione alla fotografia. Da piccolo ho letto moltissimo, soprattutto libri illustrati e fumetti, un’attività che mi ha permesso di elaborare ed esplorare un modo interiore tranquillo e colorato, protetto dai disturbi e dalle tensioni del mondo esterno, in cui poter trovare pace ed equilibrio. È stato, dunque, normale per me in seguito iniziare a disegnare, e anche a scrivere: ho infatti pubblicato tre romanzi per ragazzi. Sempre solo per il piacere di esplorare le mie possibilità espressive, per il bisogno di raccontare; non sono infatti un professionista, né del fumetto né della scrittura.

Conosce il mondo dei fumetto egiziano e se sì, c’è qualche artista che ritiene particolarmente interessante?

Ho conosciuto personalmente Magdy El Shafee, che stimo molto, come autore e come persona. Mi è anche capitato di vedere altre cose di grande interesse, ma molto poco è tradotto nelle lingue europee o comunque di facile reperibilità, per cui quello del fumetto egiziano resta anche per me un mondo da esplorare.

C’è qualche nuovo progetto sul quale sta lavorando e del quale ci può parlare?

Un po’ gli eventi geopolitici, un po’ il lavoro e un po’ la vita mi hanno portato negli ultimi anni a viaggiare meno e ad avere meno occasioni di riflessione sulla realtà del Medio Oriente, che è stato in passato il principale focus del mio interesse di narratore/giornalista per immagini. Sto invece lavorando a qualcosa di completamente diverso, più sulle corde delle mie strip a fumetti, dall’umorismo un po’ surreale, quali il Prof Knox e Tom & Ponsi. Spero di concludere questo progetto agli inizi del prossimo anno, e poi si vedrà!

Ringraziamo Pino Creanza per la sua cortese disponibilità e vi invitiamo a contattarci per prenotare la vostra copia in arabo di “al-Qahira, seconda edizione”.

Vi ricordiamo inoltre che, oltre ai fumetti, Pino Creanza si occupa di illustrazione e scrittura di libri per ragazzi “Michelino e il tesoro dei briganti”, “L’ulivo scomparso”, “Fuga dal pianeta Mongo”).

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